In ogni modo, tanto nel fare, quanto nel ricambiare il beneficio, è nostro categorico dovere, (se tutte le altre condizioni sono pari), porgere più specialmente aiuto a colui che ha più bisogno d’aiuto.
Questi benefici però non vanno tenuti nella stessa considerazione di quelli che furono prestati con giusto criterio, con meditata e consapevole fermezza.
In realtà, molte persone, per una certa leggerezza, fanno molti benefici, così, senza discernimento, perché spronate, o da una morbosa benevolenza verso tutti, o da un improvviso impeto dell’animo, quasi come da una raffica di vento.
Quanto, poi, ai benefici ricevuti, bisogna far distinzione tra essi, e non c’è dubbio che, maggiore è il beneficio, maggiore è il debito di riconoscenza.
Infatti ci sono due maniere di generosità: quella che consiste nel fare il beneficio e quella che consiste nel renderlo. Ora, se il farlo o il non farlo è in nostra facoltà, il non renderlo non è lecito a un uomo dabbene, purché possa fare ciò senza commettere un’ingiustizia.
E se non esitiamo a prestare i nostri servigi a coloro dai quali ci ripromettiamo vantaggi futuri, quale riconoscenza non dobbiamo avere verso coloro che già ci hanno recato vantaggi?
E se Esiodo consiglia di rendere in maggior misura, solo che tu possa, quello che hai avuto in prestito, che cosa dobbiamo fare se qualcun altro ci previene nel benefizio?
Se poi qualcuno ha meriti tali verso di noi, che noi dobbiamo, non già acquistarci la sua gratitudine, ma testimoniargli la nostra, allora bisogna adoperare maggior zelo: nessun dovere è più imperioso che il ricambiare un beneficio ricevuto.
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