Felice Massaro

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Voglio anche osservare che, chi doveva chiamarsi, con vocabolo proprio, perduellis (nemico di guerra), era invece chiamato hostis («straniero»), temperando così con la dolcezza della parola la durezza della cosa.

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C’è una lettera del vecchio Catone al figlio Marco, nella quale scrive d’aver saputo che egli era stato congedato dal console, mentre si trovava come soldato in Macedonia, nella guerra contro Perseo.  L’ammonisce dunque di guardarsi bene dall’entrar in battaglia: « non è giusto – dice – che chi non è soldato, combatta col nemico».

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Ma poiché, per desiderio di combattere, egli volle rimanere nell’esercito, Catone scrisse a Popilio che, se permetteva a suo figlio di restare, l’obbligasse a prestare un secondo giuramento militare perché, sciolto dal primo, non poteva legittimamente combattere col nemico.

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Era a capo d’una provincia il comandante Popilio, nel cui esercito militava come coscritto il figlio di Catone. Parve opportuno a Popilio congedare una legione, e quindi congedò anche il figlio di Catone che a quella legione apparteneva.

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E appunto la regolare condotta della guerra è stata scrupolosamente definita dal diritto feziale del popolo romano.  Da ciò si può dedurre che non è guerra giusta se non quella che si combatte o dopo aver chiesto riparazione dell’offesa, o dopo averla minacciata e dichiarata.

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E a questo riguardo a noi fummo così rigidi osservanti della giustizia che quegli stessi capitani che avevano accolto sotto la loro protezione città o nazioni da loro sconfitte, ne divenivan poi patroni, secondo il costume dei nostri antenati. 

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E se bisogna provvedere a quei popoli che sono stati pienamente sconfitti, tanto più si devono accogliere e proteggere quelli che, deposte le armi, ricorreranno alla lealtà dei capitani, anche se l’ariete abbia già percosso le loro mura.

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Così, i nostri padri concessero perfino la cittadinanza ai Tusculani, agli Equi, ai Volsci, ai Sabini, agli Ernici; ma distrussero dalle fondamenta Cartagine e Numanzia; non avrei voluto la distruzione di Corinto; ma forse essi ebbero le loro buone ragioni, soprattutto la felice posizione del luogo, temendo che appunto il luogo fosse, o prima o poi, occasione e stimolo a...